Discriminazione
La discriminazione è il trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria. Alcuni esempi di discriminazione possono essere il razzismo.Due caratteristiche principali necessarie a definire discriminazione un atteggiamento nei confronti di un individuo o un gruppo di individui sono:
- un trattamento particolare, diverso rispetto agli altri individui o gruppi di individui;
- un'assenza di giustificazione per questo differente trattamento.
Con questa definizione è chiaro che trattamenti particolari come i congedi di maternità non siano discriminatori perché giustificati dalla situazione.
Tuttavia il consenso sociale è un indicatore piuttosto inaffidabile per determinare ciò che sia definibile discriminazione e ciò che non lo è. Ciò che ora è considerato normale e non discriminatorio, infatti, in un altro tempo o in un altro luogo può essere considerato discriminazione. Un esempio di come uno stesso criterio di valutazione può essere discriminatorio o meno è l'età: a volte usato in modo consensuale (per esempio nell'età minima per partecipare alla vita pubblica), a volte in modo discriminatorio (ad esempio quando diventa ragione di rifiuto da parte dei datori di lavoro). La discriminazione ha origini molto antiche, e nella sua storia l'uomo è riuscito a ridurre o eliminare buona parte di queste discriminazioni. Alcuni esempi e grandi rappresentanti di questa tendenza sono Martin Luther King, attivista nonviolento per i diritti civili fondamentali per le persone di colore, e Nelson Mandela, che ebbe un ruolo fondamentale nella fine del periodo fortemente discriminatorio dell'apartheid. Un grave caso di discriminazione tuttora presente in moltissime società è la discriminazione della donna. A livello internazionale la legislazione in materia di discriminazione è determinata dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, redatto dalle Nazioni Unite e firmato a Parigi il 10 dicembre 1948, in cui si sanciva il rispetto nei confronti di ogni individuo indipendente dalla sua appartenenza ad una particolare religione, etnia, sesso, lingua. Quest'ultima carta nacque in risposta alle atrocità commesse dal regime nazista, frutto proprio di discriminazioni razziali (verso ebrei, slavi, zingari, ecc.), per le opinioni politiche. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea all'articolo 21 afferma che:
- È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
- Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.
Politiche per eliminare la discriminazione
Per limitare gli effetti della discriminazione si adottano politiche di discriminazione positiva: si privilegiano, cioè, quelle categorie che sono state o si ritengono discriminate, ad esempio riservando agli appartenenti a questi gruppi di persone posti di lavoro in enti pubblici o università. Un esempio di questo tipo di "discriminazione" è l'introduzione delle "quote rosa", proposta all'interno di alcuni partiti politici. Attualmente, infatti, nel Parlamento italiano c'è un forte squilibrio tra i due sessi:
In Italia esiste un dipartimento preposto ad eliminare eventuali discriminazioni chiamato "Dipartimento per le pari opportunità"Il 2007, per un'iniziativa promossa dal consiglio e dal parlamento europeo, è stato definito l'"anno europeo delle pari opportunità per tutti", il cui obiettivo è rendere tutti i cittadini più consapevoli del proprio diritto di godere di uguali trattamenti e vivere una vita libera da qualsiasi discriminazione.
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